Attualmente si parla molto di questo disturbo, che gli specialisti definiscono come difficile e complesso. Esistono numerosi articoli e video che descrivono il DBP: qui cerchiamo di definirlo in modo breve e accessibile a tutti.
Nell’ambito della sanità pubblica esiste competenza, ma ancora limitata ad alcune aree del Paese. Gli studi per il DBP beneficiano di finanziamenti molto esigui, ad esempio ricevono il 10% rispetto a quelli sulla schizofrenia (patologia che peraltro è statisticamente in calo e viene assistita con farmaci di provata efficacia). Questi studi sono peraltro molto recenti e richiedono costanti aggiornamenti del personale sanitario.
Il DBP è diffuso con percentuali attorno al 4% della popolazione italiana, è ampiamente presente nelle persone che chiedono ricovero presso le strutture del servizio pubblico (22%) e nelle reclusioni delle carceri minorili (28%). Questi numeri esigono un’azione efficace e diffusa, ma purtroppo c’è ancora molto da imparare, sia da parte dei clinici, sia dalla società tutta.
Questo disturbo della personalità non può essere curato mediante farmaci, utili per mitigare i sintomi più severi, ma viene trattato soprattutto con l’impiego di psicoterapie specifiche, come DBT, MBT, Schema Therapy, TMI e altre; in generale l’esito è buono e può permettere alle persone affette da DBP di raggiungere un soddisfacente livello di benessere nella vita sociale.
Trattandosi però di un disturbo fondamentalmente della relazione, è necessario che le persone che vivono vicino a chi soffre di DBP siano informate sui meccanismi di questo disturbo, per riportare il clima (soprattutto della famiglia) in modalità accettabili, sollevando sia la persona con DBP sia il nucleo familiare da un forte carico. In questo modo, i familiari, da impotenti spettatori costretti a subire gli effetti del disturbo, divengono protagonisti della recovery del loro caro, grazie alla conoscenza del disturbo e alla seppur difficile accettazione del medesimo.
Da dove arriva il DBP?
Il Disturbo di Personalità Borderline ha un’origine biosociale: esiste un dato di ereditarietà (statisticamente attorno al 55%) che attiva quella che si definisce vulnerabilità emotiva, ovvero una altissima sensibilità delle emozioni a stimoli sia esterni che interni (es. pensieri, vissuto, storia personale). Questa vulnerabilità fa sì che gli stimoli che giungono alla persona vengano amplificati, causandone una distorsione che può provocare una lettura alterata di ciò che accade attorno o dentro alla persona stessa. Con questo meccanismo, la persona percepisce sé stessa e l’ambiente circostante in modo diverso, lontano dalla percezione razionale e sulla spinta delle proprie emozioni, che tendono ad andare fuori dal suo controllo. Inoltre, i traumi (oggettivi o percepiti) giocano un ruolo fondamentale nell’insorgenza del disturbo.
In questo modo, anche un ambiente relativamente sano rischia di diventare invalidante, marchiando gravemente la persona, con conseguenze molto pesanti per la sua crescita e nella vita più in generale.
Cosa si può fare per migliorare la qualità della relazione?
Comprendere un problema prima di combatterlo è l’unico modo per essere efficaci. Il DBP è complesso, le persone che ne soffrono parlano una lingua particolare, usano agiti anche drammatici per comunicare sentimenti che non possono esprimere in modo diverso. Il comportamento di una persona con DBP non deve assolutamente essere giudicato.
Come familiari, quindi, possiamo cercare di liberarci dal giudizio, comprendere che abbiamo di fronte una persona che soffre l’inferno e schierarci dalla sua parte, alleati contro il disturbo.
Ciao Borderline propone corsi brevi di conoscenza del DBP, incontri di collegamento fra familiari e clinici, eventi divulgativi e ascolto attivo dedicato ai familiari.
Ringraziamo Valentina M. per l’aiuto nel redigere questa succinta descrizione del DBP
Qui trovate un documento scritto da John Gunderson (1942-2019) che descrive in modo chiaro il DBP
